
Prima di iniziare qualsiasi discorso, va detto che secondo un sondaggio dell’Eurispes del gennaio 2011, il 66,2% degli italiani è favorevole all’eutanasia e il 72,8% vorrebbe che nel testamento biologico la volontà del paziente fosse vincolante.
Puntualmente il Parlamento, che dovrebbe tutelare i favorevoli all’eutanasia (e coloro che vorrebbero vivere attaccati alle macchine) anche se fossero due in tutto, cancella la volontà della larga maggioranza del paese.
I contrari all’eutanasia sono quasi esclusivamente cattolici filo-clericali, perciò è fondamentale capire la dottrina della chiesa sull’eutanasia.
Per prima cosa la chiesa considera il suicidio “intrinsecamente negativo”, quindi un peccato, ma giudica il suicida incapace di intendere e di volere. Nel caso dell’eutanasia quindi, con la volontà di morire del paziente accertata per definizione, si va oltre il suicidio, commettendo secondo la dottrina cattolica un atto ancora più grave perché coscientemente cercato: da ciò deriva la totale condanna del gesto.
La chiesa ritiene legittimo per il malato soltanto rifiutare l’accanimento terapeutico, cioè rifiutare cure eccessive rispetto ai risultati che prevedono di raggiungere, ma illegittimo rifiutare l’alimentazione e l’idratazione, seppure ottenute da macchinari.
Come facilmente intuibile, la legge proposta dal governo ed attualmente all’esame parlamentare è l’esatta trascrizione dell’opinione della chiesa cattolica.
Che conta molto di più degli elettori, come dimostrano i precedenti sondaggi.
La motivazione fondamentale con cui il clero critica l’eutanasia è l’indisponibilità della vita da parte dell’uomo, in quanto dono di Dio: in altri termini, la vita è stata data da Dio all’uomo, e quindi solo Lui può decidere il momento della morte naturale.
Questa idea presuppone: 1) l’esistenza di Dio e 2) la creazione del mondo, ed inoltre 3) ha un concetto imprecisato di morte naturale.
Come ogni individuo di minima cultura sa, i primi due presupposti sono quantomeno dubbi e certamente indimostrabili, quindi si potrebbe, e in un certo senso dovrebbe, affermare il loro opposto senza rischiare di cadere in errore. Di conseguenza la visione della chiesa è solo parziale e una tra le tante possibili, senza alcun privilegio rispetto alle altre.
Ma soprattutto è arrogante perché esclude le altre mentre le altre non la escludono: la negazione della possibilità dell’eutanasia impedisce a chi vuole di morire, mentre la sua legalizzazione non impedisce a chi vuole di continuare a vivere.
Lo stato e la legge devono aumentare per quanto possibile le libertà dei singoli cittadini, non limitarle e restringerle quando non c’è la necessità di farlo.
Ma si sa che la necessità di voti e soldi a politici del calibro dei nostri non viene mai a mancare.
E chi non ammette quei due presupposti, che cosa dovrebbe farsene di una simile teoria? Rispondo garbatamente “Nulla”, ma sto pensando all’utilizzo della carta igienica.
3) Per quanto riguarda la morte “naturale”, quest’ultimo aggettivo può indicare situazioni molto diverse: è naturale o no respirare e mangiare attaccati a macchinari? E’ volere di Dio l’utilizzo di strumenti artificiali che allungano vite che anni fa si sarebbero già concluse?
C’era una volta il no netto della fede alla scienza, alla tecnologia e a certi farmaci, che secondo quest’ottica sarebbero già prolungamenti innaturali dell’esistenza singola.
Ma si sa che perfino “la parola di Dio” nei “testi sacri” può essere cancellata o corretta a seconda delle comodità (vedi Concilio di Nicea).
La chiesa e i suoi seguaci, con un’appropriazione indebita di uno slogan demenziale, si ritengono “a favore della vita”, e come tali si sentono autorizzati a definire pro morte il 66,2% degli italiani, cioè circa 30 milioni di maggiorenni tra cui il sottoscritto: da parte mia, ho spesso la tentazione di volermi meritare questa definizione a loro spese.
Puntualmente il Parlamento, che dovrebbe tutelare i favorevoli all’eutanasia (e coloro che vorrebbero vivere attaccati alle macchine) anche se fossero due in tutto, cancella la volontà della larga maggioranza del paese.
I contrari all’eutanasia sono quasi esclusivamente cattolici filo-clericali, perciò è fondamentale capire la dottrina della chiesa sull’eutanasia.
Per prima cosa la chiesa considera il suicidio “intrinsecamente negativo”, quindi un peccato, ma giudica il suicida incapace di intendere e di volere. Nel caso dell’eutanasia quindi, con la volontà di morire del paziente accertata per definizione, si va oltre il suicidio, commettendo secondo la dottrina cattolica un atto ancora più grave perché coscientemente cercato: da ciò deriva la totale condanna del gesto.
La chiesa ritiene legittimo per il malato soltanto rifiutare l’accanimento terapeutico, cioè rifiutare cure eccessive rispetto ai risultati che prevedono di raggiungere, ma illegittimo rifiutare l’alimentazione e l’idratazione, seppure ottenute da macchinari.
Come facilmente intuibile, la legge proposta dal governo ed attualmente all’esame parlamentare è l’esatta trascrizione dell’opinione della chiesa cattolica.
Che conta molto di più degli elettori, come dimostrano i precedenti sondaggi.
La motivazione fondamentale con cui il clero critica l’eutanasia è l’indisponibilità della vita da parte dell’uomo, in quanto dono di Dio: in altri termini, la vita è stata data da Dio all’uomo, e quindi solo Lui può decidere il momento della morte naturale.
Questa idea presuppone: 1) l’esistenza di Dio e 2) la creazione del mondo, ed inoltre 3) ha un concetto imprecisato di morte naturale.
Come ogni individuo di minima cultura sa, i primi due presupposti sono quantomeno dubbi e certamente indimostrabili, quindi si potrebbe, e in un certo senso dovrebbe, affermare il loro opposto senza rischiare di cadere in errore. Di conseguenza la visione della chiesa è solo parziale e una tra le tante possibili, senza alcun privilegio rispetto alle altre.
Ma soprattutto è arrogante perché esclude le altre mentre le altre non la escludono: la negazione della possibilità dell’eutanasia impedisce a chi vuole di morire, mentre la sua legalizzazione non impedisce a chi vuole di continuare a vivere.
Lo stato e la legge devono aumentare per quanto possibile le libertà dei singoli cittadini, non limitarle e restringerle quando non c’è la necessità di farlo.
Ma si sa che la necessità di voti e soldi a politici del calibro dei nostri non viene mai a mancare.
E chi non ammette quei due presupposti, che cosa dovrebbe farsene di una simile teoria? Rispondo garbatamente “Nulla”, ma sto pensando all’utilizzo della carta igienica.
3) Per quanto riguarda la morte “naturale”, quest’ultimo aggettivo può indicare situazioni molto diverse: è naturale o no respirare e mangiare attaccati a macchinari? E’ volere di Dio l’utilizzo di strumenti artificiali che allungano vite che anni fa si sarebbero già concluse?
C’era una volta il no netto della fede alla scienza, alla tecnologia e a certi farmaci, che secondo quest’ottica sarebbero già prolungamenti innaturali dell’esistenza singola.
Ma si sa che perfino “la parola di Dio” nei “testi sacri” può essere cancellata o corretta a seconda delle comodità (vedi Concilio di Nicea).
La chiesa e i suoi seguaci, con un’appropriazione indebita di uno slogan demenziale, si ritengono “a favore della vita”, e come tali si sentono autorizzati a definire pro morte il 66,2% degli italiani, cioè circa 30 milioni di maggiorenni tra cui il sottoscritto: da parte mia, ho spesso la tentazione di volermi meritare questa definizione a loro spese.
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