Storia della vicenda:
- Soile Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi, nel luglio 2002 ricorre al T.A.R. chiedendo la rimozione dei crocifissi dalle scuole perché la loro esposizione viola il principio di laicità. Questo ricorso da via ad una serie di sentenze, che si conclude con quella definitiva della corte europea del Marzo 2011.
- Lo Stato italiano si difende dal ricorso affermando che l’esposizione dei crocifissi nei luoghi pubblici è prevista da due decreti regi degli anni 1924 e 1928, validi per le scuole elementari e medie. Inoltre il ministero dell’istruzione invia una direttiva alle scuole con cui ribadisce la presenza dei crocifissi nel rispetto dei suddetti decreti regi.
- La sentenza del Consiglio di Stato dà ragione allo stato italiano.
Affermando che (in sintesi):
1) “Il principio di laicità non risulta compromesso dall'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche”.
2) Il crocifisso è “simbolo di un'evoluzione storica e culturale, e quindi dell'identità del nostro popolo”.
3) Il crocifisso è “simbolo di un sistema di valori di libertà, eguaglianza, dignità umana e tolleranza religiosa e quindi anche della laicità dello Stato, che trovano espresso riconoscimento nella nostra Carta costituzionale”.
4) “Il richiamo, attraverso il crocifisso, dell'origine religiosa di tali valori e della loro piena e radicale consonanza con gli insegnamenti cristiani, serve dunque a porre in evidenza la loro trascendente fondazione”.
5) “Nel contesto culturale italiano appare difficile trovare un altro simbolo che si presti ad esprimere questi valori civili più del crocifisso”.
- La sentenza di primo grado della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dà invece ragione all’unanimità al ricorso della Lautsi contro lo stato italiano. Affermando che (in sintesi):
1) “La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso, che avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione”.
2) “La Corte non è in grado di comprendere come l'esposizione nelle scuole statali di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo”.
3) “L'esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in luoghi che sono utilizzati dalle autorità pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei genitori di educare i loro figli in conformità con le proprie convinzioni e il diritto dei bambini di credere o non credere”.
- La sentenza definitiva della Grande Camera europea dà definitivamente ragione allo stato italiano: la presenza del crocifisso nelle scuole elementari e medie è legittima perché stabilita dai due regi decreti e perché non viola leggi e principi costituzionali italiani ed europei.
In particolare, la Grande Camera europea afferma che (in sintesi):
1) Non ci sono prove che la presenza del crocifisso influisca sugli alunni, poiché esso è un simbolo essenzialmente passivo.
2) La presenza del crocifisso attribuisce maggiore importanza al cristianesimo rispetto alle altre posizioni religiose, ma ciò non implica che ci sia un indottrinamento: perciò non viene violata la libertà di pensiero.
3) Nella scuola italiana non sono rilevate discriminazioni nei confronti delle minoranze religiose e degli atei: l’insegnamento del cristianesimo non è obbligatorio, gli studenti se vogliono possono portare simboli e vestiti legati alle loro religioni.
Inoltre considera che la valutazione del significato culturale specifico del crocifisso spetta allo Stato italiano e non alla Corte Europea, che quindi non può entrare nel merito. L’unica condizione posta allo Stato italiano è quella scritta in precedenza: non ci deve essere indottrinamento religioso.
Mi sembra evidente che le diverse sentenze esprimono pareri diametralmente opposti.
Quella del Consiglio di Stato si espone molto di più in favore del crocifisso rispetto a quella della Grande Camera europea, che invece si limita a considerare il crocifisso come simbolo religioso che non viola la libertà di pensiero.
Il fatto che ci sia una totale discordanza fa pensare che le decisioni dipendano dalle valutazioni soggettive dei giudici sul valore del crocifisso.
- Soile Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi, nel luglio 2002 ricorre al T.A.R. chiedendo la rimozione dei crocifissi dalle scuole perché la loro esposizione viola il principio di laicità. Questo ricorso da via ad una serie di sentenze, che si conclude con quella definitiva della corte europea del Marzo 2011.
- Lo Stato italiano si difende dal ricorso affermando che l’esposizione dei crocifissi nei luoghi pubblici è prevista da due decreti regi degli anni 1924 e 1928, validi per le scuole elementari e medie. Inoltre il ministero dell’istruzione invia una direttiva alle scuole con cui ribadisce la presenza dei crocifissi nel rispetto dei suddetti decreti regi.
- La sentenza del Consiglio di Stato dà ragione allo stato italiano.
Affermando che (in sintesi):
1) “Il principio di laicità non risulta compromesso dall'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche”.
2) Il crocifisso è “simbolo di un'evoluzione storica e culturale, e quindi dell'identità del nostro popolo”.
3) Il crocifisso è “simbolo di un sistema di valori di libertà, eguaglianza, dignità umana e tolleranza religiosa e quindi anche della laicità dello Stato, che trovano espresso riconoscimento nella nostra Carta costituzionale”.
4) “Il richiamo, attraverso il crocifisso, dell'origine religiosa di tali valori e della loro piena e radicale consonanza con gli insegnamenti cristiani, serve dunque a porre in evidenza la loro trascendente fondazione”.
5) “Nel contesto culturale italiano appare difficile trovare un altro simbolo che si presti ad esprimere questi valori civili più del crocifisso”.
- La sentenza di primo grado della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dà invece ragione all’unanimità al ricorso della Lautsi contro lo stato italiano. Affermando che (in sintesi):
1) “La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso, che avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione”.
2) “La Corte non è in grado di comprendere come l'esposizione nelle scuole statali di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo”.
3) “L'esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in luoghi che sono utilizzati dalle autorità pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei genitori di educare i loro figli in conformità con le proprie convinzioni e il diritto dei bambini di credere o non credere”.
- La sentenza definitiva della Grande Camera europea dà definitivamente ragione allo stato italiano: la presenza del crocifisso nelle scuole elementari e medie è legittima perché stabilita dai due regi decreti e perché non viola leggi e principi costituzionali italiani ed europei.
In particolare, la Grande Camera europea afferma che (in sintesi):
1) Non ci sono prove che la presenza del crocifisso influisca sugli alunni, poiché esso è un simbolo essenzialmente passivo.
2) La presenza del crocifisso attribuisce maggiore importanza al cristianesimo rispetto alle altre posizioni religiose, ma ciò non implica che ci sia un indottrinamento: perciò non viene violata la libertà di pensiero.
3) Nella scuola italiana non sono rilevate discriminazioni nei confronti delle minoranze religiose e degli atei: l’insegnamento del cristianesimo non è obbligatorio, gli studenti se vogliono possono portare simboli e vestiti legati alle loro religioni.
Inoltre considera che la valutazione del significato culturale specifico del crocifisso spetta allo Stato italiano e non alla Corte Europea, che quindi non può entrare nel merito. L’unica condizione posta allo Stato italiano è quella scritta in precedenza: non ci deve essere indottrinamento religioso.
Mi sembra evidente che le diverse sentenze esprimono pareri diametralmente opposti.
Quella del Consiglio di Stato si espone molto di più in favore del crocifisso rispetto a quella della Grande Camera europea, che invece si limita a considerare il crocifisso come simbolo religioso che non viola la libertà di pensiero.
Il fatto che ci sia una totale discordanza fa pensare che le decisioni dipendano dalle valutazioni soggettive dei giudici sul valore del crocifisso.
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